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Secondo una prospettiva psicodinamica, la solitudine nasce con noi: è infatti quando ci separiamo dal grembo materno che ne facciamo esperienza per la prima volta. Partendo da questa esperienza personale, ho deciso di esplorare la storia di questa parola per ritrovare una definizione comune e capire quale filo collega la solitudine al corona-virus – e quale collega noi ad entrambi. Ciò che mi ha colpito di queste risposte è stato, oltre alla loro varietà, come da alcune trasparisse una concezione di per sé negativa della solitudine, mentre da altre una positiva. Le risposte sono state le più diverse: qualcuno mi ha parlato di impotenza, qualcun altro di mancanza di affetto, altri ancora di necessità, condizione rigenerante, viaggio in compagnia di sé. Quando ho iniziato a lavorare a questo articolo ho chiesto ad amici e familiari che cosa significasse per loro la parola solitudine relativamente al periodo che stiamo vivendo.
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Chi penserebbe tuttavia di parlare, anche in questi casi, di solitudine? Dall’altra parte c’è anche chi in questa situazione di ‘confinamento’ sta ritrovando se stesso e gli altri, dedicandosi alle proprie passioni e ai propri affetti chi riassapora dopo tanto tempo il gusto di leggere un buon libro, ascoltare musica, mangiare, giocare, condividere la quotidianità insieme a chi ama. Solitudini che possono essere molto dolorose e non facili da gestire, come per chi si trova lontano dai propri cari o chi affronta la perdita di amici e familiari chi si divide tra casa e lavoro e ha ancora meno tempo per prendersi cura di sé chi si sente dimenticato, perso, impaurito e non sa con chi parlarne. Ma che cosa significa per noi, immersi in una quotidianità frenetica, stare a casa? Che cosa comporta per noi, abituati a un tempo sempre in corsa, l’obbligo di fermarci?Ĭostretti a passare le giornate al riparo da possibili contagi – per chi un riparo ha la fortuna di averlo -, ci troviamo, chi più chi meno, a fare i conti con le nostre solitudini. La ascoltiamo in televisione, nei video che dilagano su internet, la leggiamo sul giornale, ce la ripetiamo persino da soli. E’ una frase che sentiamo ogni giorno da ormai qualche mese.